lunedì 19 novembre 2012

Una nuova fatica (ma ce ne sono di peggiori)

                     Tanto, tanto bene



                      Trailer - Prove




sabato 25 febbraio 2012

Lettera aperta all'URP dell'Ospedale San Camillo

Gentili signori dell’URP dell’Ospedale San Camillo,
desidero esternarvi alcune mie considerazioni riguardo il rapporto che, da degente, lo scorso Luglio ho intrattenuto presso il reparto di Neurochirurgia del vostro ospedale.

So che sono giorni difficili dal punto di vista mediatico per il vostro e per altri ospedali romani, ma desidero chiarire subito che la mia mail ha un intento essenzialmente elogiativo, nella speranza che possiate estenderne le valutazioni e soprattutto gli inestinguibili ringraziamenti che contiene, a tutto il personale che ha “trattato” il mio problema.

Una breve cronistoria:
il 12 Luglio 2011 sera, come conseguenza immediata di una Risonanza Magnetica effettuata presso uno studio privato, mi sono presentato al Pronto Soccorso del vostro Ospedale dove, dopo un controllo della documentazione che avevo con me, sono stato prontamente accettato;
due o tre giorni dopo (non ricordo con precisione) sono stato accettato presso il reparto di Neurochirurgia;
il 18 Luglio 2011 sono stato sottoposto ad intervento chirurgico dal Prof.Delitala;
dopo l’intervento sono stato trattenuto per 3 giorni in terapia intensiva, al termine dei quali mi hanno portato nuovamente in reparto;
il 1° Agosto sono stato dimesso.

Durante tutto il periodo, anche immediatamente dopo l’intervento, ho mantenuto una completa lucidità; questo, se da un lato può aver creato qualche problema al personale che mi seguiva (penso soprattutto agli infermieri del reparto di Terapia Intensiva, cui devo aver reso la vita difficile a causa delle mie continue richieste di assistenza), mi ha permesso di vivere tutto ad occhi ed orecchie aperti e di apprezzare e valutare, da ricoverato, l’opera di tutti.

Un commento per ognuna delle parti della mia esperienza, in ordine di accadimento e di frequentazione.
Il Pronto Soccorso.
Ho potuto vedere con i miei occhi la situazione difficilissima in cui si svolge il lavoro del personale medico ed infermieristico in questo reparto, costretto dalle cosiddette “razionalizzazioni” al budget sanitario nazionale a funzionare, oltre che da primo intervento, da astanteria dei vari reparti specialistici alle prese, ciascuno, con posti letto sempre limitati. Qualsiasi considerazione sulla proporzionalità tra riduzione della disponibilità di ricovero in Ospedale e costanza numerica delle esigenze dei cittadini, la lascio alla responsabilità ed alla sensibilità delle figure competenti.
In particolare in questo ambiente ho potuto vivere situazioni in cui i degenti meno impossibilitati degli altri si davano da fare per aiutare quelli in maggiore difficoltà ambientale (spaventati, disorientati) allorché gli infermieri non potevano aiutare, assorbiti dalla vasta ed eterogenea quantità di esigenze presenti nel reparto. Nessun infermiere, per quanto in situazioni difficili, caotiche e confuse, ha mai perso la capacità di trattare chiunque con il rispetto dovuto alla dignità umana di ciascuno.
Il reparto di Neurochirurgia prima dell’intervento.
Tempo durante il quale mi muovevo, agivo ed osservavo quello che m’accadeva intorno con la naturalezza d’ogni giorno. In questo breve periodo ho guardato ed ascoltato attentamente quello che mi circondava con la curiosità (e l’apprensione, beninteso) di chi per la prima volta si trova in una tale situazione. Ne ho ricavato un sorprendente bagaglio di esperienza sulle differenti maniere con cui, da ricoverati, si affronta la prospettiva di un difficile intervento, il più delle volte con coraggio e forza d’animo, sia pure con il costante rischio di un cedimento allo sconforto più profondo. Si tratta di una situazione psicologica molto precaria; a questa il personale di reparto ottemperava sempre con delicatezza e sensibilità, rendendosi arbitro silenzioso di un clima quieto e tranquillo, pur dovendo mantenere al primo posto delle proprie attività le esigenze dell’altra categoria di “ospiti”, di cui ben presto mi sarei trovato a far parte.
L’intervento chirurgico.
Non posso sapere esattamente quanto sia durato, ma s’è trattato di un intervento serio; mia moglie parla di sette/otto ore di attesa.
Se sono qui a scrivere la mia (troppo lunga, temo) lettera e sono tornato a vivere una vita dotata di prospettive future, lo devo a chi ha trattato da medico esperto e capace il problema che portavo con me: il Prof. Delitala, in primo luogo, ed il dottor Russo sono le persone che hanno affrontato, studiato e risolto la mia situazione. A loro ed a tutti coloro che hanno dato il proprio contribuito professionale in fase d’intervento chirurgico, dagli anestesisti agli infermieri di sala operatoria, vorrei arrivasse un pensiero benaugurante, ben oltre i migliori ringraziamenti che possa esprimere.
Il reparto di Terapia Intensiva.
Tre giorni e mezzo. Si è trattato del momento più personale della mia esperienza, durante il quale combattevo con i difficili postumi dell’intervento. Purtroppo per gli infermieri sono stato perfettamente sveglio per tutto il tempo e non credo di avergli reso facile la vita, ma sono sempre stati vigili, pronti, attenti e, nei limiti delle loro possibilità, premurosi. In questa fase la mia capacità di giudizio si restringe agli immediati dintorni del letto che occupavo, ma posso dire che spesso sono stato assistito più di quanto ci si potrebbe attendere.
Il reparto di Neurochirurgia dopo l’intervento
L’intervento chirurgico ed il tempo trascorso in Terapia Intensiva mi hanno riconsegnato al Reparto in condizioni molto diverse da prima, introducendomi ad un’esperienza completamente diversa che mi ha portato dall’estrema debolezza con dolori muscolari ed articolari diffusi, al ritorno in piedi, ai primi passi assistiti, al recupero dell’autonomia.
In questo periodo ho potuto apprezzare al massimo (sulla mia pelle, è proprio il caso di dirlo) la precisione professionale e la grande umanità di tutto il personale infermieristico, senza eccezioni. Ma soprattutto ho potuto ammirare, non uso un verbo a caso, l’applicazione delle loro capacità professionali sia nelle occasioni di routine, sia in quelle di emergenza durante le quali sono intervenuti presso i degenti che mi erano vicini con prontezza e competenza davvero impressionanti; tutto questo senza mai trascurare la necessità di trattare ognuno secondo la sua peculiarità, con rispetto, cortesia e, aspetto il cui valore non va sottovalutato, simpatia.
Una breve sottolineatura su questo: non mi aspettavo di trovare tanta capacità di sdrammatizzare le situazioni, portando a volte l’ironia e la leggerezza a risultati di autentica, distensiva e salutare comicità, ma senza sconfinare nella superficialità, né mancando mai di rispetto per il malato; modi diversi ed appropriati con il giovane, con l’anziano, con lo straniero, con il sofferente, con il simpatico e con l’antipatico, con l’apprensivo e con l’agitato.
Non credo che sia un caso.
Chi vive in ambienti di lavoro difficili conosce il valore di un atteggiamento positivo in ogni situazione, anche le più drammatiche; credo che questo sia il risultato di una buona scuola e di un’altrettanto buona organizzazione che sprona ognuno a dare il meglio di sé; posso testimoniare che lo fanno e che lo fanno molto bene.

Ora che la visita di controllo ha dimostrato il felice esito di questa vicenda, ho sentito la necessità di testimoniare ammirazione e gratitudine a tutti coloro che hanno aiutato me e tanti altri a riprendere il proprio percorso; spero che vogliate riportare loro il mio apprezzamento ed il desiderio di dare un senso positivo alle capacità che mi hanno restituito.

Distinti saluti
Mauro Eberspacher